Id Perchè stiamo perdendo la guerra, e la colpa è tutta nostra 2011
Contenuto
Un articolo sui movimenti spagnoli di contestazione
Keywords
contestazione, partecipazione, complicità, solidarietà, appartenenza

Stiamo perdendo la guerra, e nemmeno ce ne rendiamo conto. Ovvero: come rovinarsi con le proprie mani facendo il gioco degli altri.

Durante il mio ultimo viaggio, in Spagna, ho avuto modo di incontrare, nelle piazze di diverse città (da Barcellona a centri più piccoli) manifestazioni di protesta (il termine corretto sarebbe camping-in o sit-in) contro il governo e le banche spagnole. E sono rimasto molto impressionato. Ecco perché:

Organizzazione: i manifestanti erano estremamente organizzati. C'erano banchetti di controinformazione (su questioni politiche, bancarie, legali...), tecniche di resistenza non violenta, accoglienza per chi arrivava alla manifestazione da lontano, deposito bagagli, mensa, fund raising. Ben visibile il programma delle giornate, con gli orari: musica, teatro, conferenze, incontri, dibattiti, laboratori e via dicendo; con possibilità di presentare un progetto, scegliere una fascia oraria libera e partecipare. Al centro dello spazio occupato un grosso "lenzuolo" steso a terra permetteva a chiunque di scrivere la sua e lasciare la sua firma.

Modus operandi: i manifestanti non hanno avuto comportamenti "distruttivi": i loro slogan non imbrattavano i muri della città, ma erano scritti su cartoni che venivano apposti a tappeto ovunque. I manifestanti non sono stati settari: hanno cercato di far conoscere le loro motivazioni ai passanti di diverse età e classi sociali. Hanno poi sfilato per la città pacificamente. Hanno cercato partecipazione, l'hanno profondamente incoraggiata. E l'hanno ottenuta: c'era una marea di gente, molto eterogenea, che seguiva il loro operato.

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Ho avuto l'occasione di parlare con alcuni di loro: lavoratori di ambiti molto diversi, dall'arte all'industria. Mi sbaglierò, ma a differenza di quello che sta capitando qui nel nostro Bel Paese, li ho trovati motivati e solidali tra di loro. Sono sicuro che quando qualche politico oppure banchiere lascerà cadere una fetta di salame, non si faranno la pelle l'un l'altro per raccoglierla, vendendosi. Sanno che quello che è guadagnato per vie traverse è sottratto a qualcun altro. Sanno che è il sistema, questo sistema fatto così, che non funziona.

Perchè qualcuno deve pur avere il coraggio di dirlo: partecipare al sistema, anche con le migliori intenzioni, significa appoggiarlo, dargli l'aria di cui respira; rendersi complici delle sue malefatte. Questa è la società del compromesso, del "sì ma", del "non c'è altro modo", del "non è colpa di nessuno". E invece i contestatori spagnoli fanno scuola. Certo queste restano solo mie impressioni, ma c'è stato un fatto illuminante che mi ha colpito ancora di più; ed è verificabile da chiunque.

Non c'erano capi-bastone. Nessun nome famoso, nessun Grillo o chi per esso. Certo, c'era un comitato organizzativo, che però ha esplicitamente deciso di restare nell'anonimato, di non mettere i nomi e i cognomi dei suoi organizzatori, per non rischiare di legare le motivazioni della protesta ad interessi personali, e lasciandola di proprietà della collettività. Ed è stato incredibile vedere come, anche senza nomi di richiamo, stelle della televisione o opinionisti da quattro soldi, tramite il tam tam sul web e il passaparola, la cosa abbia funzionato; come si può vedere dalle fotografie, anche se non rendono affatto giustizia.

Quando in Italia si riusciranno a coordinare tante manifestazioni in tante città diverse e tutte con lo stesso format e con una tale solidità di intenti, che non degenera in retorica oppure violenza o "caciaroneria" nel solito modo italico di fare le cose, allora ne riparliamo.

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In Italia, quando pensiamo alla figura del contestatore, chi ci viene in mente? Con buona pace di tutti quelli che si battono in buona fede, e che pagano le conseguenze di gesti più eclatanti, i primi che ci sovvengono sono anarchici poco comunicativi e molto distruttivi, oppure personaggi schierati politicamente da una parte oppure dall'altra a caccia di voti dal basso, disposti a giocare all'eterno gioco del potente e dei "clientes". Questo scendere a patti con i poteri forti, considerandola l'unica possibilità, tanto intrisi di egoismo e spirito turbocapitalista da non rendersi nemmeno più conto di esserlo, anzi arrivare a giustificare addirittura i "peccatucci veniali" di questo sistema (che proprio veniali non sono) ci ha portati fino a questa crisi generale molto grave, in tutti i campi, da quello economico a quello altrettanto vitale della cultura.

Non so che cosa possa salvarci dal nostro egoismo, dal nostro (spesso inconscio) desiderio di sostituirci a chi contestiamo, dalla presunzione che il bene personale equivalga automaticamente al bene comune, dal fine che giustifica i mezzi; ma una cosa è certa, se non impareremo un po' di spirito del dono e di reciprocità, e a romperci la testa pensando che se non c'è un'alternativa bisogna trovarla, perchè questo sistema di cose ci ha portati fin qui... le possibilità saranno due: soccomberemo oppure, ancora peggio, diventeremo a nostra volta i "tiranni in buona fede" di domani.

C'è differenza tra cambiamento, e reiterazione.

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