Contenuto Di chi sono veramente le idee?
Keywords circolazione delle idee, speculazione, alternative, manifesto condiviso
P-Ars non si limita a proporre un manifesto, ma coinvolge attivamente
il pubblico nella ri-scrittura e nella diffusione del manifesto stesso.
Regole del "gioco"
1 - Leggi tutto il Manifesto NPI con attenzione.
2 - Scrivi un commento al fondo, anche poche righe possono bastare. Naturalmente sono ben accetti sia commenti positivi che negativi.
3 - Sei libero di firmare o meno il tuo commento, oppure di usare uno pseudonimo.
4 - Puoi aggiungere un tuo contatto, se lo desideri.
5 - Sei libero di aggiungere, al fondo, modifiche al manifesto e precisazioni
esempi:
- punto 2a, sostituire la parola "partorisce" con la parola "esprime"
- punto 3b, da eliminare
- aggiungere punto 3e, etc etc
Attenzione: i commenti, le integrazioni e le modifiche vanno sempre aggiunti in fondo e non direttamente sul testo originale. Questo servirà a rendere visibile ai successivi partecipanti la storia evolutiva del manifesto.
Inoltre:
1 - E’ possibile partecipare al "gioco" scrivendo e scambiandosi testi via mail.
2 - E’ possibile che ad alcuni venga chiesta un'intervista, se tempi e modalità lo permettono, che verrà ripresa ed inserita sul sito mano a mano che il progetto prosegue.
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Che cosa fa un Divulgatore del Manifesto NPI
1 - I divulgatori del Manifesto NPI si impegnano a trasmettere il seguente manifesto ad almeno una persona di loro conoscenza, almeno una volta alla settimana, e a riportare le seguenti regole del "gioco”.
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MANIFESTO NPI
- NON PROPRIETA’ INTELLETTUALE -
1 - ALL'ATTUALE STATO DELLE COSE
Data l'attuale crisi culturale che, nei suoi aspetti economici, sociali e politici, sta coinvolgendo la vita e i suoi aspetti creativi, formativi, realizzativi di ciascuno di noi, è un preciso dovere morale pensare e proporre alternative efficaci e che puntino ad un cambiamento di sistema.
Per "sistema" si intende l'attuale panorama di: competizione tra artisti fine a sè stessa; tirannide dei gestori degli spazi e dei canali di comunicazione, là dove precludono l'accesso ai performers pur dichiarando nei loro intenti la promozione delle arti; bandi per le arti performative, e le forme che le istituzioni consentono per ottenere spazi, agevolazioni, fondi; "l'abitudine" e le "procedure" parallele ritenute necessarie per avere accesso agli spazi, alle agevolazioni, ai fondi per portare al pubblico le proprie creazioni, non istituzionalizzate ma ben presenti nella pratica; tirannide prima di tutto mentale e poi politica di enti quali ad esempio la SIAE, che pur professando un interesse nei confronti dei performers, ed elevandosi a sommi difensori dei perfomers stessi, nella pratica rispondono a logiche aziendali prettamente speculative.
2 - PREMESSO CHE
2a - l'uomo partorisce idee.
2b - le idee si trasformano in fatti che modificano la realtà non solo per chi le ha partorite, ma per tutto il consorzio umano.
2c - non sappiamo esattamente come nascano le idee, ma sicuramente non sono il prodotto di un'attività solipsistica; piuttosto nascono dal ricombinarsi della realtà e dall'apporto di altri punti di vista.
3 - IL MANIFESTO NPI AFFERMA:
3a - La non-proprietà individuale delle idee. Le idee non appartengono solo a chi le ha partorite.
3b - Se una tale posizione estrema può sembrare irragionevole e contro natura, l'attuale sistema per cui le idee vanno a favore di pochi e non della collettività non è certo migliore.
3c - Una parte dei mali di oggi deriva dalla speculazione di pochi su idee che potrebbero non solo giovare a molti, ma (e soprattutto) essere sviluppate e crescere e diffondersi più rapidamente ed efficacemente se condivise e lavorate da più menti, anche e soprattutto grazie alle nuove tecnologie di comunicazione, in primis la Rete, se usate per fini di sperimentazione di nuove aree di scambio e condivisione lontane dalle logiche commerciali e consumistiche.
3d - Riuscire a sradicare il senso di possesso di un'idea può essere indotto da ragionamenti scientifici e psicologici, oltre che solidaristici.
4 - ARGOMENTAZIONI PSICOLOGICHE
4a - E' illusorio pensare che le idee siano nostre, quando in realtà provengono da stimoli, dialoghi, cose fuori di noi che non ci appartengono, ma che in noi si ricombinano. Crediamo che le idee siano i nostri mezzi, in realtà siamo noi ad essere i mezzi che le idee hanno per nascere, ricombinarsi, diffodersi. Siamo noi ad essere cavalcati dalle idee, e non viceversa. Inoltre, le idee ci sopravvivono.
4b - Questa "illusione di possesso" delle idee ci deriva da aspetti psicologici innati, oltre che da fattori culturali: il senso di proprietà e competizione che in parte fin da piccoli ci viene trasfuso, in parte è proprio della natura animale di cui siamo composti.
4c - L'egoismo del voler tenere un'idea per sè e sfruttarla solo per vantaggio personale è contro il benessere collettivo. La teoria secondo la quale la competizione, la speculazione e l'egoismo personale vadano, per effetto di composizione secondario, a benessere di tutti, si è rivelata in questi ultimi anni in tutte le sue contraddizioni, e ci sta facendo pagare un prezzo molto alto in termini di qualità della vita e felicità personale. Inoltre, è nella normale natura delle cose diffondersi e rimbalzare di mente in mente, ed è invece un fatto assolutamente naturale per un'idea contagiare altre menti, diffondersi, duplicarsi, modificarsi.
4d - Tutti noi siamo utilizzatori di idee degli altri, e ne traiamo giovamento, anzi spesso rubiamo le idee degli altri: ma di questo non ci facciamo nessuno scrupolo, anzi nemmeno ce ne accorgiamo.
4e - Le idee crescono, si sviluppano e si realizzano nel confronto con la realtà e con gli altri, che ce le restituiscono accresciute o modificate. Senza nulla voler togliere al genio personale, se non ci fosse la realtà esterna tale genio non avrebbe modo di trarre la materia prima per ricombinare idee e nemmeno il campo dove poterle riseminare.
5 - ARGOMENTAZIONI ECONOMICHE / SOCIALI
5a - Motivazione solidaristica: il benessere del singolo non va automaticamente a vantaggio del benessere della collettività.
5b - Se le idee fossero libere di circolare e non piegate a ragioni economiche, di sfruttamento e speculazione, avrebbero maggiori possibilità di migliorarsi, svilupparsi, e di portare bene alla collettività.
5c - Le idee lasciate libere di circolare potrebbero, per selezione naturale tra di loro, portare più frutti. Al contrario, le idee contro il vantaggio collettivo semplicemente non verrebbero scelte dalla collettività.
5d - Che vantaggio ne trarrebbe il singolo dall'aver "detto", "partorito" un'idea? Si consideri che è egli stesso parte della collettività, nè più nè meno degli altri. Al contrario, la consapevolezza di aver migliorato la qualità della vita della collettività, di cui fa parte e dunque anche la propria, dovrebbe essere il nuovo metro di valutazione dell'importanza delle proprie azioni.
5e - Il genere umano potrebbe fare un salto evolutivo notevole, se svincolasse le idee dallo sfruttamento per lasciarle libere di ricombinarsi e migliorarsi e crescere.
5f - Il momento in cui le idee sono state incatenate e hanno rallentato sia la loro evoluzione che il loro potere pervadente nella società è stato quello in cui si è legato il concepire idee con il diritto a sfruttarle solo per proprio vantaggio, e non per quello della collettività. E' stato il momento in cui si è egoisticamente smesso di condividerle, di provare rispetto per l'altro come parte della comunità, trasformandolo in possibile fonte di guadagno.
5g - Si può sradicare il senso di possesso delle idee pensando che chiunque di noi poteva nascere dalla parte sbagliata del mondo, ed essere uno sfruttato invece che uno sfruttatore. Inoltre, molto pericoloso è lo sfruttamento di cui la vittima è inconsapevole, e questo è diffuso in ogni parte del mondo, anche quello chiamato "evoluto". Bisogna riconsiderare il vero significato della parola "evoluzione".
5h - L'obiezione dell'ingiustizia: "Non è giusto che un altro che non si è impegnato per sviluppare un'idea ne goda come uno che invece si è impegnato a favore di essa". A questo problema, che si può definire quello dell' "utilizzatore inerte" si può rispondere con alcune tesi:
5h1 - La maggior parte di noi è abituata a comprare le idee degli altri: usiamo un i-pod, ma non ci siamo impegnati per creare un i-pod. Abbiamo forse impiegato diversamente il nostro tempo, in altre attività.
5h2 - Ciascuno di noi decide come impegnare il proprio tempo; ma con la consapevolezza che esso è limitato, dovremmo spingerci a portare avanti idee utili per noi e per gli altri piuttosto che a vantaggio di pochi, e distrattive rispetto a problemi della comunità, di cui facciamo peraltro parte.
5h3 - Essendo il consorzio umano variegato per bisogni e tipologie, ciascuno può contribuire con idee libere in diversi ambiti, in base alle proprie qualità e doti personali. Anzi, è proprio grazie a questa differenziazione che molto spesso le idee riescono a trovare i punti di vista diversi necessari per potersi evolvere.
6 - DOVE SI VUOLE ARRIVARE
6a - Condivisione è la parola chiave, in grado di far crollare il sistema che si basa su sfruttamento, conoscenza unilaterale delle informazioni, speculazione a vantaggio di pochi.
6b - Serve coraggio per abdicare alla proprietà intellettuale delle proprie idee, ma una visione ampia, eterogenea e completa della realtà circostante non può che indurre a pensare che questo sia il momento chiave per dare una svolta all'approccio dello sfruttamento individuale delle idee a favore della condivisione delle idee per tutto il consorzio umano.
6c - Obiezione del "gioco sporco": se pochi iniziano a condividere idee liberamente, alcuni potrebbero continuare a giocare con il vecchio sistema e sfruttare questo a loro vantaggio. Ma
6c1 - In un mondo in cui un'idea è gratis e da condividere e discutere, e uno in cui un'idea è a pagamento, quale dei due scegliereste?
6c2 - Le idee liberamente condivise camminano più velocemente e si evolvono più velocemente delle idee tenute per sè. Questo può far sì che il credo della non-proprietà intellettuale si diffonda più velocemente.
6d - Il fatto che un'idea possa essere copiata, e riprodotta in poco tempo, induce il "partoritore" a lavorare sempre a nuove idee e a collaborare, invece che dormire su un'idea e a "capitalizzarla"
6e - Non si può obbligare qualcuno a condividere le idee: ma è fondamentale dare informazioni su quali conseguenze benefiche potrebbe avere il farlo.
6f - Non si può e non si deve impedire che il "partoritore" di un'idea metta il suo nome nell'idea stessa. Anzi, il mettere la firma in fondo è solo una pratica aggiuntiva rispetto a quanto accade veramente: il "partoritore" di un'idea è già nell'idea stessa, avendola elaborata, digerita, modificata, partorita… l'idea porta in sè parte del corredo genetico del suo "partoritore"
6g - Il Manifesto per la Non Proprietà Intellettuale ha, inoltre, l'importantissima conseguenza di smontare la barriera tra performes e pubblico, indicando come il pubblico (così come il lettore, oppure l'osservatore di un'opera d'arte) siano parte attiva fondamentale nel processo generativo e diffusivo di un'idea.
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I COMMENTI E LE INTEGRAZIONI PROPOSTE, AD OGGI
Andrea F.
Sono in totale accordo, e ti dico anche di più, è meraviglioso. Per ora non vedo punti da modificare e lo farò leggere a un paio di persone, perchè è una di quelle medicine per il mondo che servono a renderci più coscienti di quello che ci circonda, renderci parte di quel mondo che è diventato così elitario che si può quasi definire alienante, l'intellettualità come dici tu deve essere un bene comunitario, non un bene economico o politico, il progresso e l'idea devono raccogliere tutte le persone. Mi piace molto l'esempio dell' ipod... dai molto da riflettere.
Monica S.
La tua è la rivoluzione della tenerezza, quella che connette le intelligenze, quella che io ho cercato senza trovare...
Luca
3b - Se una tale posizione estrema può sembrare irragionevole e contro natura, l'attuale sistema per cui le idee vanno a favore di pochi e non della collettività non è certo migliore.
Non mi piace il confronto: sarebbe come se mi dicessi: Compra il telefonino che ho crostruito!
Io ti rispondo: perchè?
E tu mi rispondessi. "tanto il Nokia non è certo migliore!"
Non mi piace tanto come argomentazione ;-)
Andrea B.
trovo interessanti e massimamente condivisibili le tesi esposte, il proposito, le motivazioni.
abbozzo qui una mia considerazione, promettendomi e promettendoti di ampliarla.
il contributo che potrei offrire a questa causa, lo attingo dalla mia formazione scolastica e universitaria di matrice prettamente tecnica e scientifica.
in tal senso:
1. prendendo le mosse dal punto 5h1, intendo sottolineare come un'idea non vada intesa esclusivamente come frutto cresciuto sull'albero dell'espressione artistica, ma -citando il punto 2a- come un parto della mente umana, quindi generato anche a una mente che "mangia libri di cybernetica, insalata di matematica".
ossia: questo manifesto, con minimi adattamenti, può essere adattato ad ambiti più meramente tecnologici; invenzioni, soluzioni, brevetti (perché credo vada tutelata la proprietà intellettuale di un'opera o di un manufatto) che recherebbero grande vntaggio al -sempre punto 2- consorzio umano e che, invece, spesso restano impigliate negl'ingranaggi del processo industriale.
2. chiamala "deformazione professionale", ma ritengo giovevole l'applicazione di un approccio ingegneristico al problema posto nei punti 1, 2 e 3; sia in termini di preliminare valutazione di fattibilità, che svolgendo una vera-e-propria analisi del processo e una conseguente pianificazione.
questo, certo, sarà maggiormente richiesto avvicinandosi a una fase operativa, piuttosto che in quella attuale, progettuale.
mi accorgo di avere usato termini smaccatamente settoriali, quindi, per non inoltrarmi in complesse (e forse non richieste) spiegazioni, mi arresto qui: offrendoti disponibilità a chiarire le mie fumose parole.
Marco
il punto 5h1 ha un difetto fondamentale: è vero che è possibile usare un Ipad senza avere partecipato all'idea di crearlo, ma quell'utilizzo lo si paga, e anche caro! acquistando un Ipod ecc ... io pago non solo il costo di produzione, ma in qualche modo anche l'idea, il diritto d'autore su quell'oggetto.
rimanendo in tema Apple, ti suggerisco una frase pronunciata proprio da Steve Jobs: "il bravo artista copia le idee degli altri, il grande artista ruba le idee degli altri". io sono completamente d'accordo con te sul fatto che poche o nessuna delle idee che partoriamo sono prodotti del nostro solipsismo, e difatti trovo la frase di Jobs particolarmente adatta anche al mondo dell'arte (un mondo notoriamente abitato da ladri). non posso fare a meno di notare che una certa non proprietà intellettuale sulle idee già esiste. mi spiego meglio: è noto che in epoca umanistica sono stati portati avanti studi sul punto di fuga, i primi studi sulla prospettiva ecc ... Bene, quella che io chiamo la non proprietà intellettuale già esistente ha fatto sì che non solo chi ha iniziato tali studi si sia avvalso della prospettiva nei suoi quadri, ma la sua intuizione è stata portata avanti da altri, abbiamo quindi un lungo percorso che va da Piero della Francesca ad Escher. per essere proprio chiaro, quello che voglio dire è che è già una utopia mettere il collare alle idee, perchè la forza liquida delle idee è maggiore di quella dei suoi proprietari (soprattutto delle buone idee). se poi entriamo nel campo della creazione vera e propria (che sia di un libro, di un quadro, di una automobile, di una pizza), allora il discorso è diverso: la grandezza di Michelangelo sta probabilmente nell'aver fatto sue, digerite e ricagato fuori mille idee di altri (senza dirlo), ma guardando la cappella sistina chi può dargli torto? insomma, è un discorso complesso quello che metti in campo, Andrea. e forse è meno chiaro di quanto possiamo sospettare.
su una cosa non ho dubbi e sono del tutto dalla tua parte: la mostruosa aberrazione del Diritto D'autore incarnata da un'ente elefantiaco e malato come la siae (ho da poco scoperto che è stata commissariata pochi mesi fa). questo è un argomento che richiede una seria riflessione: chi può negare che sia giusto riconoscere la paternità di un'opera/idea come "Aspettando Godot" a Beckett? nessuno, certo!
ma chi può considerare giusto pagare la siae per metterla in scena, a parte i parenti di Beckett che nulla hanno fatto per scriverla?
inoltre: diamo per buono che un autore in vita debba ricevere un piccolo (e sottolineo piccolo) compenso per l'uso della sua opera da parte di altri (è un modo anche per cautelarsi dall'uso della sua opera da parte di chicchessia), ma abbiamo idea di quanto denaro la siae trattiene come "TASSE" e di quanto poco ne arrivi agli autori? bhe, è la grande parte!
non so se questo mio intervento ha contribuito alla discussione, ma come sempre, Andrea, ti ringrazio per lo spunto di riflessione.
Matteo Pinna Pintor
2b è vera, ma tralascia il fatto che molto spesso il legame è mediato da una serie di aspetti applicativi che rendono molteplice l'effetto causato dall'idea iniziale. Ad esempio la scoperta di un prinicipio scientifico in sé e per sé non causa alcun effetto specifico. Dipende sostanzialmente da come viene applicato, il che a sua volta dipende da altri fattori. Il legame non è quidi diretto -il che significa che non è possibile individuare in chi ha originato l'idea l'unico individuo a cui titolare eventuali responsabilità collettive, con l'effetto di attenuare le sue pretese di proprietà intellettuale.
2c è ragionevolmente vera nell'affermare che non è chiaro come nascano le idee, ma da ciò non ne segue che non sia possibile scoprirlo, nè tantomeno che non esista un modo specifico in cui nascono. Il resto è un non sequitur. Se si afferma che si ignora il modo in cui nascono le idee, allora non si dice nulla in proposito, non se ne trae la conclusione che queste "non sono il prodotto di un'attività solipsistica". Ma ammesso e non concesso tutto ciò, questo non è il punto. La creazione di un'idea può non avvenire in un vuoto sociale, ma ciò è irrilevante, perchè non dimostra nè che le "circostanze sociali" siano necessarie, nè quali specifiche circostanze "non solipsistiche" siano responsabili della creazione di un'idea, nè tantomeno quali circostanze differenzino tra idee fertili che avranno applicazione e idee non fertili, nè tantomeno tra pensieri veri e falsi. Afferma solo che queste circostanze ci sono e che in qualche modo contano, senza saper dire di più. Il fatto che l'individuo viva in società non dimostra che questo venga dopo la società -di cui in effetti è unità fondativa e non parte organica, a meno di non regredire nell'olismo. Se tutti siamo sempre perennemente immersi in società, ma X -e non Y o Z- ha avuto quell'idea, allora lui ha partorito quell'idea, perchè a parità di "socialità", è stato comunque lui ad esprimerla e non altri.
3a afferma -letteralmente, ma anche se fosse posta come volizione- un dato di fatto nel dire che le idee non sono solo di chi le partorisce. Di fatto è già cosi -e non vi è alcuna precisazione relativa a come questa situazione di fatto dovrebbe cambiare.
3b va giustificata.
3c va ragionevolmente argomentata.
4a questa è un'argomentazione oscurantista e imprecisa. Per quanto influenze e contatti con il mondo esterno siano importanti, questi sono sempre mediati dal nostro corpo e dalla nostra mente. Negare all'individuo la sua unicità nel suo rapporto col mondo esterno significa negare la sua identità, ed inevitabilmente la sua libertà. Di nuovo, tutti subiamo le medesime influenze sociali, ma non tutti partoriamo le stesse idee, non c'è quindi motivo per credere che le prime causino le seconde. Ciascuno decide come mediare ed interpretare gli stimoli esterni a seconda delle sue facoltà individuali, non esiste alcun determinismo ambientale in tal senso. Si può argomentare che una parte di queste facoltà individuali non sono originarie ma culturalmente acquisite: è un argomento sensato, ma qui non si mette più in dubbio la proprietà delle idee, bensì il modo in cui vengono ripartite le risorse educative in grado di favorire la generazione di idee creative e fertili -in modo abbastanza indipendente dalla questione di diritto.
4c che sia naturale che le idee si diffondano e si modifichino è vero. Ma proprio perchè è naturale, ed è già così, è un dato di fatto, quindi inutile all'argomento presente. Che il possesso di un'idea sottragga al potenziale oggettivo dell'idea stessa è una questione separata da quella di diritto -è legittimo pensare che un individuo abbia dei diritti anche quando la collettività ne godrebbe dal privargliene. Ad ogni modo, l'argomento può essere non solo vero, ma anche rilevante, e quindi sotto certe condizioni prevalere sulla questione di diritto. Ma questa depressione del potenziale intrinseco in un'idea da parte della proprietà dev'essere provato: in particolare, bisogna argomentare contro l'affermazione secondo cui la proprietà esclusiva ad una persona fisica o giuridica fornisce a questa i necessari incentivi per svilupparla ed applicarla, mentre un bene comune in molti casi viene sovraconsumato e scarsamente tutelato e prodotto: il che ovviamente si può applicare anche al problema della proprietà intellettuale. Nota: bisogna provare che questa depressione del potenziale delle idee esiste *sempre*, in ogni caso in cui questa venga titolata esclusivamente a chi l'ha inventata o a chi ne detiene titolo per esso. Altrimenti, 4c è come minimo eccessiva e necessita di qualificazione.
4d questo è vero, ma non dice nulla in merito alle prescrizioni generali del manifesto: innanzitutto se si "ruba" un'idea non coperta da diritto intellettuale non si ruba. Detto questo, tale atto può benissimo essere nefasto e sopratutto non c'è motivo per credere che, poichè questo è un dato di fatto, allora è giusto. Si può infatti estendere legalmente il dominio della proprietà intellettuale fino a tutelare anche il tipo di idee oggetto di questi "furti". Bisogna quindi argomentare contro questa evenienza, non semplicemente affermare che "è naturale" rubare le idee. Tante cose erano "naturali" in passato, anche picchiare propria moglie, ed oggi non lo appaiono più, perchè qualcuno un giorno le ha rese illegali. Non è una buona strategia argomentativa, quindi.
4e di nuovo, il genio personale è tale non perchè pensa a discapito della realtà o nonostante questa. Il genio sa relazionarsi in modo intellettualmente creativo con ciò che lo circonda, ed è ragionevole considerare che questa capacità interattiva è una sua capacità.
5a è ragionevolmente vera, ma come già detto rimane il problema se sia anche giusto privare un individuo delle ragioni del suo benessere perchè questo non giova anche alla collettività. Alcuni casi si possono distinguere a dimostrare che "il fatto che 5a" non dimostra che "non-5a è giusto": esiste il caso in cui X gode di un benessere individuale ed esclusivo, ma privandolo delle fonti di questo benessere egli ne perda corrispettivamente mentre la collettività non ne guadagni. Il corrispettivo caso si può porre in termini relativi: X gode del suo benessere individuale più di quanto ne goda indirettamente la collettività, ma privarlo di questa fonte danneggi più il suo benessere di quanto non aumenti quello della collettività. Esiste poi il caso in cui l'espropriazione di X aumenta il benessere della collettività, volendo anche più di quanto non danneggi X, ma X rimane danneggiato in quanto perde un benessere maggiore non compensato da quello ricevuto in quanto membro della collettività. Si possono fare molti esempi di questo caso, alcuni dei quali ragionevolmente giusti ed equi ed altri palesemente ingiusti. Solo il caso in cui espropriare X della sua idea rende maggior benessere tanto a X quanto alla collettività è manifestamente e indiscutibilmente un caso a favore dell'esproprio. Il manifesto sembra prenderlo come unico caso esistente o comunque come il più rapresentativo, senza spiegare perchè.
5b è generica e contiene l'errore di assumere che esista uno stato ideale di "libera circolazione" del sapere, scorporato dalle medesime circostanze sociale ed economiche prima invocate. In particolare, là dove un'idea richiede un'applicazione costosa in termini di qualsiasi tipo di risorsa scarsa, senza ragioni economiche l'idea non viene sviluppata e non determina alcun benessere sociale.
5c presume più o meno il medesimo meccanismo di selezione naturale che implicitamente critica quando nega l'idea che la competizione tra proprietari esclusivi nella produzione di un bene massimizzi il benessere sociale dato da quel bene.
5d afferma uno dei possibili compensi sociali per l'invenzione, in effetti uno più importante di quel che comunemente si pensi. Ma se da un lato rimane il problema degli incentivi all'applicazione delle idee -che comportano attività produttive in cui l'aspetto di realizzazione personale e non può bastare- esiste poi la questione di come gli inventori riproducono sè stessi, tanto quanto esiste questo problema per chiunque si occupi dell'applicazione delle idee partorite. Il problema dipende quindi dalla possibilità di trovare un meccanismo alternativo per sostenere nel tempo la creazione di idee senza legarla alla proprietà individuale ed esclusiva di queste. Fino a quando questo problema non è risolto, abolire il privilegio sul quale si innesta la funzione danneggia anche quest ultima, in soldoni lasciando chi ha buone idee senza pane per continuare a vivere e pensare. Inoltre, entro una certa misura -sicuramente fino a quando il problema di cui sopra rimane irrisolto- quella di accettare il riconoscimento collettivo del valore del proprio contributo come unico compenso dovrebbe essere una libera scelta.
5e cade nella medesima velleità di 5b. Se le idee "circolano liberamente" senza essere ad un certo punto "sfruttate", rimangono inutili, a parte la (discutibile) utilità di pensare un'idea in sè stessa. E' proprio in virtù dell'indispensabilità dello "sfruttamento" di un'idea che lo sfruttamento -questa volta senza virgolette- delle idee rimane ben saldo ed è difficile da schiodare. Perchè svolge una funzione socialmente utile, ogni critica sensata deve concentrarsi sul collegamento tra la funzione universale di applicare le idee e la specifica forma che ciò assume oggi, non criticare la funzione in sè. Il sapere si divide in puro e applicato: questo manifesto deliberatamente ignora il problema del rapporto tra queste due branche, le loro differenti funzioni e le proprietà differenti del sapere applicato.
5f e 5g dipendono in buona sostanza dalla possibilità di rispondere alle altre obiezioni.
5h tocca finalmente il punto del consumo non rivale e della sua tendenza a generare eccesso di domanda di un bene il cui diritto di proprietà non è ben definito. Ma le risposte sono sbagliate: noi compriamo un I-Pod il che è in tutto e per tutto un prodotto del regime della proprietà intellettuale privata ed esclusiva, e qualcuno potrebbe sostenere che è grazie a questa che lo possiamo comprare, se no non sarebbe mai andato in commercio. Comprando l'Ipod nel prezzo paghiamo anche l'idea originale di chi ha concepito il prodotto, e l'impresa innovatrice riceve dei profitti in eccesso rispetto ai suoi concorrenti, quel tanto che stimola la ricerca dell'innovazione tra le imprese e le spinge ad investire. In ultima istanza questi profitti in eccesso, se la concorrenza è ben regolata, sono temporanei. 5H2 porta dei suggerimenti, ma qui bisogna parlare di cosa è legittimo e non legittimo fare: i suggerimenti sono compatibili in un sistema in cui esiste la possiblità di non accoglierli. Il caso opposto nel contesto di questa frase sarebbe una comunità in cui è obbligatorio concentrarsi su idee socialmente utili. Non è facile capire come si possa concretamente dare forza a questo obbligo. Rimane il problema di come incentivare le persone a cercare di risolvere problemi in modo socialmente utile. La teoria dominante vuole che tutto ciò che deriva in termini di benessere personale a chi partorisce un'idea e la protegge con la proprietà intellettuale sia nulla più di ciò che serve a spronare gli individui a dedicarsi ai problemi di tutti -un giusto prezzo e nulla più. 5h3 parla della libertà di portare il proprio contributo, e questo non è incompatibile con un regime di diritti di proprietà intellettuale del tipo attuale. Bisognerebbe dimostrare l'esistenza di una qualche forma di coercizione incorporata in questo sistema, che impedisca ad alcune persone di condividere le idee che vogliono condividere. Chiunque è libero di rifiutare la proprietà intellettuale.
6c individua un importante problema di firs mover, ma 6c1 risponde semplicemente negando il problema. Proprio perchè ogni singolo individuo pensa strategicamente è in grado di immaginare che poichè la situazione favorevole per tutti (mettiamo che sia il mondo di "libera circolazione delle idee") è un equilibrio di tante scelte indipendenti, possono essere risultati del gioco in cui collaborare non conviene perchè altri giocatori defezionano. Un tipico dilemma del prigioniero è facilmente risolvibile inserendo la capacità di imparare in giochi ripetuti o le istituzioni, che comunque non sembrano far parte delle risposte suggerite per 6C.
6f identifica un "partoritore" dell'idea. Ma a rigor di logica, dopo le obiezioni inziali, questo fondamentalmente non dovrebbe esistere. Si può obiettare che nella misura in cui questo esiste, comunque non si tratta del "partoritore" nel senso di persona cui vengono attribuiti i diritti che il manifesto considera messi a titolo della società. Si può obiettare che le cose stanno esattamente all'opposto, però. Si torna da capo.
Simone P.
domanda non provocatoria: cosa aggiunge questo manifesto a quanto già da anni detto dalla filosofia dei creative commons e dell'open source?
Sonia M.
Rispondo: la filosofia dell'open source è nata in ambito informatico e si riferisce quasi esclusivamente a quello, ancora adesso. quella dei creative commons è stata, forse, una derivazione dell'altra, a partire dalla nascita e dal proliferare in rete, per esempio, dei siti di scrittura creativa, dove qualcuno ha cominciato a interrogarsi sulla proprietà intellettuale e il diritto d'autore, specie in un locus amoenus particolare come il web, dove certuni si sentivano abilitati ad appropriarsi dei testi altrui solo perché condivisi. allora, si è reso necessario regolamentare una sì vasta libertà. Il Manifesto NPI, io credo, abbraccia specificamente l'Arte, tutta l'arte e chi la fa e chi la fruisce, non un solo ambito formale-artistico, mettendo i puntini sulle "i" di quel grande tema che è la generazione delle idee e la loro diffusione artistica, che ingloba performers e pubblico.
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