7-21 maggio 2011
Palazzo Orsini, Bomarzo (Viterbo)
Mostra Collettiva nelle 5 sale del primo piano
Organizzata dall'Associazione Culturale Soqquadro
Bomarzo è una delle splendide cittadine medievali che fanno dell’Italia il paese artisticamente più bello del mondo. Dominata dal palazzo signorile degli Orsini, che si erge sulla rocca da cui si vede tutta la città e la vallata circostante, Bomarzo ha, a differenza di mille altri paesi come lei pieni di storia, di cultura e di fascino, qualcosa in più; ha un meraviglioso parco, denominato il Sacro Bosco, pieno di statue di grande fattura rappresentanti esseri mitologici e “mostri” di varia natura. Sirene, Draghi, Case pendenti, Sfingi, Ercole, Giganti, Nettuno, Pegaso, Cerere, Tartarughe giganti, queste e mille altre meraviglie fantastiche popolano il parco di Bomarzo.
Tra esse la più rappresentativa è senza dubbio quella denominata la Bocca dell’Inferno, un grande antro in pietra rappresentante una mostruosa bocca, dove i visitatori possono entrare e trovano un tavolo ed un sedile, sempre in pietra, da utilizzare per le loro riflessioni. Non a caso sulla Bocca sono incise le parole “Ogni Pensiero Vola” che stimolano la necessità di riflettere sulla Vita e la Morte, sul senso della vacuità della propria esistenza, persino su ciò che riteniamo più prezioso nel cammino degli uomini, la nostra capacità di Pensare.
Il Pensiero è sempre stato ciò che gli Uomini hanno ritenuto li differenziasse dagli Animali, ma l’ambiguità del messaggio sulla Bocca dell’Inferno ci porta a riflettere su Noi e sul Mondo che ci circonda e che abitiamo. Innanzi tutto, la Bocca su cui è scritto il motto è, per l’appunto, quella dell’Inferno; ne consegue che tale motto è legato ai nostri peccati, la Superbia forse primo tra tutti. Ogni Pensiero Vola, non “Qualche” pensiero, ma “Ogni” pensiero. Quindi, non i pensieri migliori, o i peggiori, ma tutti nel loro complesso, tutti quelli di ciascun uomo e di tutti gli uomini.
Possiamo intendere quindi che i Pensieri di tutti gli Uomini sono preziosi, volano tutti, vanno tutti in Cielo. Ma il motto è inciso sulla Bocca dell’Inferno. Allora, forse, sta a significare che, proprio perché tutti i nostri pensieri vanno in Cielo, Dio può leggerli e punirci di conseguenza. O, forse, può significare che ciò che riteniamo ci distingua dal mondo animale, il Pensiero per l’appunto, in realtà è materia volatile, inconsistente, priva di forza, e che solo la nostra Superbia eleva al di sopra della Natura.
Percorsi di approfondimento consigliati:
Id Voltus 2010
Contenuto Tensioni alla rappresentazione di un volto, di una maschera, di uno stato emozionale
Keywords riconoscimento, archetipo, linguaggio del corpo, espressione, feticcio
Id Corpus 2009
Contenuto Creare simulacri e profili di corpi e membra per rispondere alla domanda del proprio essere corpo e membra
Keywords golem, animazione, carne, anatomia, organico inorganico
Id Sfocato Bacon 2009
Contenuto Prove fotografiche casualmente simili ai quadri di Francis Bacon
Keywords direzione della luce, movimento, sfocato, trasparenza, materia
Link esterni:
Associazione Culturale Soqquadro
Bosco di Bomarzo
Palazzo Orsini
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Note critiche sugli autori delle opere esposte:
Quelli di Turi Angilella sono veri e propri quadri fotografici, e non una pura e semplice riproduzione della scena che si pone davanti agli occhi. Sono fotografie che evocano immagini fantastiche, surrealiste. Quest’ultime diventano fuggevoli; la transitorietà si nasconde ad ogni angolo e quella magica evanescenza di cui sono pervase trasforma la parola “fine” in “cosa succederà dopo”. Forme simboliche di un linguaggio in cui la luce intrappolata diventa guida nelle penombre dell’esistenza.
I volti di Paolo Cervino ci raccontano la caducità della vita, la solitudine, come si nasce e si muore soli, e sono occhi sgranati, bocche spalancate, visi logorati dal germe della follia che alberga in ognuno di noi e che alle volte emerge sulle maschere che indossiamo. Ci raccontano della malattia, del dolore, degli abissi che soffocano il respiro, della paura, del vuoto esistenziale, dell'ignoto, di tutto ciò che non è luce, ma buio, buio infinito, buio soltanto.
Nella realizzazione delle proprie opere Maurizio Farina compie una sorta di viaggio nel proprio inconscio senza mancare di attingere alla memoria collettiva. In questo modo le immagini vengono lasciate fluire liberamente e come in una metamorfosi prendono forma e mutano attraverso ogni tappa seguendo unicamente l'istinto e le emozioni vissute durante il percorso. Le opere si compiono alla fine del viaggio facendo emergere dal sommerso alla luce un universo carico di colori e visioni oniriche di forte impatto visivo ed emozionale perché prive di qualsiasi filtro.
La ricerca pittorica di Giusy Geraci agisce nel punto di transizione dove tutto è divenire: l'apertura ad ogni possibile. Sia nei movimenti cosmici, che nel micro biologico umano avvengono le stesse transizioni, scivolamenti, arresti, fusioni. Quello che avviene in grande nelle straordinarie macro polluzioni cosmiche, si riprende misteriosamente nel microcosmo della nostra biologia molecolare. L’artista riesce a trasmettere una struggente poetica delle parti dove micro e macro sono due note dello stesso spartito da cui attingere con grande capacità gestuale.
Le immagini di Maria Elena Giannobile sono un fil rouge tra la vita e la morte, tra l'essere e il non essere. Sono il filo conduttore di ogni cosa, l'attacco la difesa, la maschera per poter sopravvivere, riuscire a liberarsi, da ogni superfluo pensiero, trovare la verità.
Essere costretti a nascondersi, a dover celare il proprio Io per poter cercare di capire l'Io dell'altro.
Elisa Grassi, attraverso un volto femminile, intende riflettere sulla superbia dell’uomo, il quale pensa di posizionarsi al primo posto di una catena all’interno della quale occupa invece la stessa posizione degli altri componenti. Quello della natura è infatti un ciclo continuo, all’interno del quale ogni elemento si nutre e vive degli altri. Chi oggi si nutre della fragola domani sarà nutrimento della fragola stessa, e così via, in una continua e reciproca trasformazione.
Nelle sue opere Annabel Gray Briger esamina il personaggio di Giulia, figlia e unica erede dell’imperatore Augusto, esiliata nel 2 d.c per comportamento immorale. L’artista reinterpreta la storia attraverso collages/ pastiches narrativi, che mettono in discussione la costruzione della narrazione storica e l’ambiguità e soggettività dell’informazione in generale. Le immagini dolci e lievi raccontano con ironia ed empatia il connubio di bellezza e crudeltà che accompagnano il tragitto della storia dalla Roma antica fino ad oggi.
Se si chiede ad Jndj cosa si celi dietro le sue opere, questa ci risponde: “Non venitemi a chiedere cosa ci sia dietro, cosa abbia pensato: il cervello evapora, strati su strati, la mano, una specie di trance. Scavando la tela, scrostando veline di Buenos Aires, se volete spezzarvi le unghie sull'acrilico giallo, sotto, là sotto, dove il pozzo regala un riflesso, la storia. Ai vostri occhi lascio gli invisibili”.
Il quadro di Andrea Lucchetta è stato fatto in un momento particolare di felicità assoluta; egli non sa cos'è capitato, ma è stato come un taglio del passato. Un taglio di un qualcosa.
L'opera di Micaela Marconi mette in risalto l'estetica contemporanea, alla quale la società ci ha assoggettate. Perfezione e bellezza fittizia, che sconfina in ridicolo. Omologate, come ridicole bambole mentre mollette e fili ci tengono su come marionette, abbiamo dimenticato quello che davvero abbiamo da dire.
Masri, per cui la pittura è una grande sfida, la sua vera lingua, il suo modo di essere e di sfogare, di gridare ad alta voce contro l’ingiustizia, cerca in molte delle sue creazioni di proporre la sua versione della guerra, vissuta personalmente ormai più di quindici anni fa. Egli cerca come un focus, cerca di fare luce in tutte le maniere sull’espressione e la vita consacrata dell’essere umano, povera, debole e fragile creatura.
Quelle di Andrea Mercedes Melocco sono assi di legno fortemente incise e destinate all'abbandono che riprendono vita, risarcendo le loro ferite aperte. Le vene e le arterie riprendono vita e accolgono segni in metallo che formano pentagrammi simbolici su cui si modulano intense visioni interiori. Il ritmo aspro del legno vibra in armonie e in dissonanze che creano nuove identità, prima linguistiche, poi visive ed estetiche.
L’opera di Cristina Messora ci rende consapevoli di quanto le mostruosità ci appartengono; i loro effetti negativi si concatenano in un “circolo vizioso” che invade l’uomo ed il suo ambiente naturale e sociale. Il suo opposto è il “circolo virtuoso” che impegna, risana e crea valori.
Per parlare della sua opera Miki Th. Pedro si rifà ad un commento di Benvenuto Cellini a proposito di Baccio Bandinelli, scultore fiorentino che ha realizzato l'Ercole con Caco, opera da sempre considerata una brutta copia dell'Ercole di Michelangelo; il tutto per ricordare che è l'epoca del manierismo e Baccio piuttosto che sforzarsi ad individuare una propria strada a partire dall'osservazione della natura, cerca la maniera dei grandi nel contesto di un ambiente artistico "ossessionato" dalla fama dei "giganti", forse come noi tutti oggi.
L’opera di Laura Perreca rappresenta la fame umana di raggiungere ciò a cui si aspira e di cui si ha necessità per vivere (in termini di contatto umano, sentimenti, libertà e della capacità di essere se stessi), imprigionata dalle nostre paure, dalle convenzioni e dall'abitudine a fare ciò che ci si aspetta da noi per essere accettati.
Margherita Premuroso predilige come soggetto per le proprie opere l'individuo, un individuo da
decontestualizzare dall'ambiente, sradicarlo da tutto ciò che lo circonda per inserirlo in una sorta di limbo bianco che li avvolge li protegge, li modella nei contorni. Con il bianco attorno sono liberi di muoversi senza vincoli spaziali e il contrasto col nero li rende atemporali.
Per Andrea Roccioletti la materia è energia dormiente. Il tocco di un artista la risveglia. Lo sguardo dello spettatore la organizza. Per dirla con Euripide: “Molte sono le forme del divino, molte cose contro ogni speranza realizzano gli dèi, e quelle che ci aspettiamo non si compiono; di quelle inattese il dio trova una strada”.
L’opera di Angela Scappaticci rappresenta un chiaro grido di protesta contro l'uso indiscriminato, preso alla leggera come fosse una partita a dadi, del nucleare. Lo spettatore si troverà davanti ad un tappeto verde sul quale campeggiano due giganteschi dadi da gioco radioattivi, all'interno dei quali avrebbero dovuto trovarsi vita e pace. Ma quando "i giocatori vincono" (le facce superiori dei due dadi segnano entrambe il numero sei), all'interno dei dadi si trovano solo morte e distruzione. Game over.
Questi i versi che ci regala Anna Maria Staccini per parlarci delle sue opere: “Angelo ricordami che non servono ali per volare/Ricordami che non occorrono occhi per vedere /Che non servono orecchie per ascoltare/Né mani per toccare /Ricordami che basta un muscolo /uno solo per fare tutto questo /… il cuore …Insegnami ad usarlo sempre/Fa che sia sempre irrorato /Che le emozioni lo nutrano/Che i desideri lo coccolino /I sogni lo tengano sveglio/Fa in modo nel momento in cui si addormenterà /Di essere presente /Perché dovrai prenderlo in mano e portarlo/… oltre la vita …
Leonardo Vannimartini ci dice che ha dipinto quadri oscuri, invernali, depressivi ma fiabeschi, e quindi anche per sognare.
Per Silvia Vaulà tutti possono essere santi, basta adottare una corretta strategia di marketing; ai consumatori non resta che subire un modello di santità preconfezionato. Con la collezione “Santi Subiti” si vuole appunto entrare nel mercato dei santi proponendo uno stile attuale con radici classiche.
Giovanni Vetrano ha voluto ironicamente raffigurare l'aspetto materialistico dell'uomo dei nostri tempi, la cui mente è costantemente protesa al denaro e al successo, in un arrivismo senza limiti dove sembrano ormai avere sempre meno significato gli autentici valori morali. La finestra aperta con la mano protesa verso l'ignoto simboleggia invece il confronto dei limiti dell'uomo con l'immensità del creato, in uno spazio-tempo indefinito dove anche lo stereotipo ideale della figura femminile sembra lasciare il passo al meccanicismo dell'essere.
Ivano Zanetti ci dice di sé: “Vorrei fare un’arte soprattutto bella a vedersi, questo è quello che più mi stimola e accende la mia sete di conoscenza in continuazione. A un artista basta che ci sia una sola persona che osservi una sua opera per essere felice, le idee non costano nulla.. sono gratis e le possibilità dell’arte sono infinite, come le tele. L’arte è una cosa magica”.
Quella di Elisa Zini è una critica grottesca al mondo perduto dell'infanzia. Un bambino non è più visto come un mondo naturale ma come un giocattolo o un pezzo di carne che deve essere violentato. Violentato dalla famiglia in primis, dai media e da tutto ciò che di commerciale ci circonda. L’opera è però anche un grido d'aiuto per chi è rimasto infante… “Aiutiamoci a ritrovare il nostro bambino e aiutiamo i nostri bambini a rimanere tali finché è loro possibile!”.