Nel 1996 John Perry Barlow, difensore delle libertà digitali e uno dei membri fondatori della Electronic Frontier Foundation, scriveva la sua Dichiarazione di Indipendenza della Rete. A 15 anni di distanza le sue considerazioni sono ancora vere, oppure la Rete si sta evolvendo in modo inaspettato? E' stata colonizzata dal potere dei Governi? E' stato distorto il suo messaggio iniziale di equità e libertà di espressione a favore dell'interesse di pochi speculatori? E' rimasta "dentro lo schermo" oppure ha colonizzato il Reale? Le forme di comunicazione intrinseche alla Rete hanno portato evoluzione o regressione nel pensiero e nel linguaggio?
Con queste domande P-Ars vuole aprire la sezione chiamata Pointers - Ars dedicata appunto alla Rete, alle nuove forme di condivisione, di comunicazione e di partecipazione, ben consapevoli che siamo lontani dall'aver raggiunto questi ideali, e della continua necessità di difendere la Rete da sciacalli non di bit e bites bensì in carne e ossa.
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DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA DEL CYBERSPACE
John Perry Barlow
Davos - Svizzera, 8 Febbraio 1996
Governi del mondo industrializzato, voi decadenti giganti di cemento e di acciaio! Noi siamo il Cyberspace, la nuova casa della Mente. Nell'interesse del Futuro, chiediamo a voi, Uomini del Passato, di lasciarci in pace. Voi non siete benvenuti fra noi. Voi non avete alcuna sovranità dove noi ci incontriamo.
Non abbiamo eletto un governo e nemmeno desideriamo farlo, per cui vi attribuiamo un'autorità non più grande della stessa libertà di espressione. Noi dichiariamo che la società globale che stiamo costruendo è, per sua natura, indipendente dalle tirannie che voi cercate di imporci. Voi non avete alcun diritto su di noi, né possedete alcun mezzo di imposizione che possa intimorirci.
I governi traggono il loro potere dal consenso dei governati o, quanto meno, dalla loro tolleranza. Voi non avete mai chiesto il nostro consenso, né tanto meno ve lo abbiamo mai dato. Noi non vi abbiamo invitati e non tollereremo neppure il vostro regime autoritario. Voi non ci conoscete neppure, come del resto non conoscete il nostro mondo. Il Cyberspace non ricade entro i vostri confini giurisdizionali. Non pensiate nemmeno di poterli edificare come se si trattasse di una cosa pubblica. Voi non potete, poiché il Cyberspace è un processo naturale e cresce spontaneamente attraverso le azioni collettive.
Voi non avete preso parte alle nostre affollate conferenze, così come non avete creato lo stato di salute dei nostri mercati. Voi non conoscete la nostra cultura, la nostra etica, né il nostro codice comportamentale non scritto che dà alla nostra società molto più ordine di quanto voi possiate provvedere attraverso le imposizioni.
Voi avete stabilito che esistono problemi tra noi e che dovete essere voi a risolverli. Con tale pretesto, invadete i nostri recinti. In realtà molti di questi problemi non esistono. E là dove ci sono veri conflitti, là dove avvengono torti, noi li individuiamo e li risolviamo con i nostri mezzi. Stiamo realizzando il nostro proprio Contratto Sociale. Questa forma di autogoverno nascerà secondo le caratteristiche del nostro mondo e non del vostro. Perché il nostro mondo è diverso.
Il Cyberspace è un luogo fatto di transazioni, relazioni e di puro pensiero che si staglia come un'enorme onda nel mare della comunicazione. La nostra è una realtà che va oltre la dimensione corporale; è un mondo, appunto, che si trova dovunque e allo stesso tempo da nessuna parte.
Stiamo creando un mondo dove tutti posso accedere senza privilegi o pregiudizi indotti da razza, potere economico, potere politico, potere militare o luogo di nascita. Stiamo cercando di creare un mondo dove chiunque, da qualsiasi parte del mondo egli provenga, possa esprimere la propria opinione, non importa quanto personale, senza tema che essa non venga ascoltata o sia costretta a conformarsi.
I vostri concetti di proprietà, espressione, identità, movimento e ambiente non sono applicabili nel nostro contesto. Essi infatti sono basati sulla materialità delle cose, mentre qui nulla è materiale.
Le nostre persone non hanno un corpo, sicché, a differenza di voi, noi non possiamo stabilire l'ordine attraverso la coercizione fisica. Noi crediamo che, grazie a un'etica individuale, unitamente al senso della comunità, il nostro progetto potrà emergere e fiorire. I cittadini del nostro mondo virtuale possono attraversare con facilità i confini delle vostre singole giurisdizioni. L'unica legge che loro riconoscono - in conformità alle rispettive culture di provenienza - è la Legge Aurea, sulla base della quale noi speriamo di poter edificare le soluzioni ai nostri problemi. Certamente non possiamo accettare soluzioni imposteci da voi.
Negli Stati Uniti, avete oggi creato una legge per la riforma del sistema delle telecomunicazioni, una legge che ripudia la medesima Costituzione Americana e insulta il sogno covato da uomini come Jefferson, Washington, Mill, Madison, DeToqueville e Brandeis. Questi sogni devono adesso tornare a realizzarsi con noi.
Siete terrorizzati dai vostri figli che vivono in un mondo, il Cyberspace, che voi conoscete appena, e relegate alla burocrazia la vostra responsabilità di genitori perché siete troppo codardi per confrontarvi direttamente con loro. Nel nostro mondo, tutti i sentimenti e le umane espressioni, dalle più basse a quelle più elevate, costituiscono un tutt’uno all'interno della comunicazione globale attuata attraverso bits e bytes. Non possiamo separare l'aria sporca che respiriamo da quella che sostiene gli angeli in cielo.
In Cina, Germania, Francia, Russia, Singapore, Italia e negli Stati Uniti, voi state cercando di tenere lontano il virus della libertà ergendo posti di vigilanza lungo le frontiere del Cyberspace. Tali frontiere terranno lontano il contagio per un breve lasso di tempo ma, in un mondo che si appresta ad essere avvolto dalla comunicazione digitale, è un rimedio destinato a fallire.
Le vostre obsolete industrie dei media perpetueranno la loro decadenza proponendo leggi, in America e altrove, che proclamano sé stesse come depositarie del verbo mondiale. Leggi che renderanno le idee alla stregua di meri prodotti industriali, non più nobili, come quei falsi idoli dorati che, a parole, dite di disprezzare. Nel nostro mondo, qualunque creazione della mente umana può essere riprodotta e distribuita all'infinito senza alcun costo. La diffusione del pensiero non ha più bisogno delle vostre industrie per essere compiuta.
Le ostili e crescenti misure attuate contro di noi ci pongono in una situazione simile a quella dei primi coloni, i quali, amanti della libertà e dell'autodeterminazione, rigettarono l'autorità di un potere distante e arrogante. Benché i nostri corpi continueranno a sottostare alle vostre leggi materiali, dichiariamo la nostra indipendenza dalla vostra sovranità, che non può estendersi alle nostre vite "virtuali". Noi ci moltiplicheremo su tutto il Pianeta in modo tale che nessuno potrà mai arrestare i nostri pensieri.
Fonderemo nel Cyberspace una nuova civiltà della Mente. Che possa risultare più umana e tollerante del mondo creato dai vostri governi!
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